De inventione

Posted in General by midbar on 24/05/2005 23:37


Abbiamo raccontato come esordì il lato buono dell’eloquenza: spieghiamo anche le origini del lato cattivo. Mi pare alquanto verosimile che le cose siano andate così. Un tempo, chi era poco dotato nella parola e nel pensiero non era solito occuparsi della politica; nè, d’altra parte, gli uomini di grande valore ed eloquenza si dedicavano a cose di interesse privato. Piuttosto ritengo che, mentre le persone migliori amministravano le questioni di maggior peso, ve ne erano altre, non prive di scaltrezza, che si dedicavano alle piccole controversie tra singoli. In simili controversie si prese l’abitudine di schierarsi dalla parte della menzogna, contro la verità: di conseguenza l’assidua pratica della parola si ricoprì di audacia. Così, inevitabilmente, gli uomini migliori, davanti alle ingiustizie operate contro gli altri cittadini, si vedevano costretti a resistere a questi arroganti e a venire in aiuto ciascuno alle persone più care. Chi dunque accantonava la ricerca della saggezza, per procacciarsi unicamente l’eloquenza, appariva nell’uso della parola pari e anzi, non di rado, superiore agli altri. Accadeva quindi che nel giudizio suo e della gente fosse lui a sembrare degno di governare. Ecco perchè non ci deve meravigliare se lo Stato andò incontro ai naufragi più grandi e disastrosi: fu naturale conseguenza, visto che si erano messe al timone persone prive di scrupoli e senso del limite. Per questi fatti l’eloquenza attirò su di sè un odio ed un’ostilità tali che le persone più intelligenti abbandonarono quella vita piena di disordini e violenze per dedicarsi a studi più tranquilli, come si cerca in un porto il rifugio dalla burrasca. Perciò, credo, col passar del tempo, gli uomini migliori, nella vita privata, si dedicarono e diedero lustro agli altri studi, giusti e nobili; ma l’eloquenza, abbandonata dalla gran parte di loro, finì dimenticata, e proprio nel momento in cui la si sarebbe dovuta conservare con maggior forza e migliorare con maggiore impegno.
Perchè quanto più indegnamente la disciplina nobile e giusta fra tutte era violentata dalla sfrontatezza e temerarietà di cittadini folli e disonesti - con danno incalcolabile per la repubblica -, tanto maggiore doveva essere la determinazione nel resistere di costoro, nell’andare in soccorso dello Stato. Lo sapeva bene il nostro Catone, lo sapeva Lelio, lo sapeva Scipione Africano che, a ben vedere fu allievo di quelli; lo sapevano i Gracchi, nipoti di Scipione. Vi era in questi personaggi un valora altissimo, ed un’autorevolezza che tale valore rendeva più grande. E poi l’eloquenza, coronamento a quelle doti, presidio per lo Stato. Per tal motivo io sono convinto che se anche c’è chi dell’eloquenza fa cattivo uso nella vita privata o in quella pubblica, non di meno all’eloquenza ci si deve dedicare. E anzi con determinazione più grande, se si vuole evitare che i malvagi assumano un potere enorme, che rappresenterebbe un grave danno per gli uomini onesti e una rovina generale per chiunque. Perchè è proprio l’eloquenza la sola attività che interessa la vita sia privata che pubblica, è l’eloquenza che dà sicurezza, onore, lustro e insieme gioia alla vita. E quando si accompagna a quella saggezza che sa porre il il giusto limite ad ogni cosa, è sempre dall’eloquenza che allo Stato derivano innumerevoli vantaggi….

Cicerone - De inventione, circa 84 a.C.

Qui ad Atene noi facciamo così

Posted in General by midbar on 24/05/2005 23:36

Il pezzo è vecchio (del 461 a.C.), ed è stato ripreso da Paolo Rossi parecchi mesi fa (quando ancora non si era partiti con Midbar’s Blog). A me comunque piace inserirlo in questi appunti.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.

Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.

Qui ad Atene noi facciamo così.

La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.

Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.

E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.

Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.

Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versalità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Pericle - Discorso agli Ateniesi, 461 a.C.

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