Chi come lui?

Posted in General by midbar on 17/01/2022 15:47

In questi giorni è facile imbattersi in iniziative pro-Berlusconi per la candidatura alla Presidenza della Repubblica come quella di questa immagine.

Se paghi puoi far scrivere e far dire qualsiasi cosa… e c’è qualcuno che lo sa bene!
D’altronde se si volesse provare a restare neutri si potrebbe considerare un qualche indicatore per misurare l’opportunità o meno di una candidatura.
Sono nerd (ahimè da sempre) e un esercizio simile già lo considerai 16 anni fa (vedi Link).

Questa l’idea: prendiamo una piattaforma che potremmo considerare neutra; Wikipedia, ad esempio.
Contiamo il numero di caratteri totali (il numero di lettere) usati per descrivere un personaggio.
Poi andiamo a cercare il numero di caratteri utilizzati nelle eventuali sezioni “Controversie” e “Procedimenti giudiziari” e facciamo il rapporto di questi rispetto al numero totale.
Più è basso il valore di questo rapporto, di questo indicatore, più potremmo considerare opportuna una candidatura.
Al contrario più è alto questo indicatore più dovremmo considerare inopportuna la proposta di un candidato.
Passiamo a effettuare le misure per l’unico candidato considerato in questo momento e, per avere dei riferimenti, mettiamo in tabella i valori degli ultimi quattro Presidenti della Repubblica, cioè quelli eletti nela Seconda Repubblica,.. negli ultimi trent’anni.

Candidati Totale caratteri Controversie caratteri Procedimenti Giudiziari Caratteri Controversie Index Procedimenti Giudiziari Index
 S.Berlusconi  138839 55889 23334 40.3% 16.8%
Presidenti Totale caratteri Controversie caratteri Procedimenti Giudiziari Caratteri Controversie Index Procedimenti Giudiziari Index
 S.Mattarella  43590 0 0 0% 0%
 G.Napolitano  56734 8597 0 15.2% 0%
 C.A.Ciampi  55515 3078 0 5.5% 0%
 O.L.Scalfaro  46995 0 0 0% 0%

La media per gli ultimi presidenti sui due indici è 5,2% e 0.0%… con Berlusconi abbiamo 40.3% e 16.8%.

Se la metodologia (nè di destra, nè di sinistra) ha un qualche senso, siamo sicuri che proprio non si possano considerare candidature di personaggi che, in relazione a questi indicatori, siano più compatibili ai valori accettabili per una carica di tale importanza?

Dunque alla domanda: “Chi come lui?” mi auguro che si possa rispondere, con onestà: “Nessuno”.

I Giusti

Posted in General by midbar on 16/09/2021 01:05

 

A me capita, non se se succede anche a voi, di leggere testi in prosa o poesia di autori che apprezzo e di pensare a come avrei potuto riprodurre quel tipo di scrittura.
Nel caso della poesia, ad esempio, come aggiungere qualche verso da impiantare sull’originale.

Amo in particolare J.L.Borges.
Uno dei testi, in forma poetica, che più amo è

I Giusti

Un uomo che coltiva il suo giardino, come voleva Voltaire.
Chi è contento che sulla terra esista la musica.
Chi scopre con piacere un’etimologia.
Due impiegati che in un caffè del Sud giocano in silenzio agli scacchi.
Il ceramista che intuisce un colore e una forma.
Il tipografo che compone bene questa pagina che forse non gli piace.
Una donna e un uomo che leggono le terzine finali di un certo canto.
Chi accarezza un animale addormentato.
Chi giustifica o vuole giustificare un male che gli hanno fatto.
Chi è contento che sulla terra ci sia Stevenson.
Chi preferisce che abbiano ragione gli altri.
Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.

Questa settimana è capitato di assistere ad una scena che mi ha colpito in modo speciale, tanto da dare nuova luce al mio fare e ai miei pensieri nelle ore successive.
In quel momento mi è tornato in mente questo brano e ho pensato che si sarebbe potuto considerare, appunto, di aggiungere un verso


Un giovane uomo e una giovane donna che, sul ciglio di una strada, si prendono cura di una piccola volpe ferita, pur sapendo della fine imminente.

Tali persone, che si ignorano, stanno salvando il mondo.

Ciao Maia

Posted in General by midbar on 14/01/2021 12:04




Ciao Maia.
Da oggi potrai trovare prati infiniti per correre. Ci mancherai.
…e, in particolare, mancherai a un ragazzino (”…Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo…”)

I piedi e gli occhi

Posted in General by midbar on 09/12/2020 13:54

Ieri, 8 dicembre 2020, Papa Francesco, con la Lettera apostolica “Patris corde – Con cuore di Padre”, ha indetto uno speciale “Anno di San Giuseppe”.

Mi è tornato allora in mente un bellissimo post di “farfintadiesseresani” pubblicato, anni fa, in “Post sotto l’albero 2008”… lo ricondivido per intero.

I piedi e gli occhi

[farfintadiesseresani]

Dicono Riposo durante la fuga in Egitto
MICHELANGELO MERISI, detto IL CARAVAGGIO,
1593-1594, olio su tela, 135,5 x 166,5 cm, Roma, Galleria Dora Pamphilij

Non saprei da che cosa cominciare, c’è l’imbarazzo della scelta.
Potrei cominciare dall’angelo, fatto di pura luce, che taglia in due la tela, dividendo ciò che sta a destra da ciò che sta a sinistra e aprendo uno squarcio (un po’ meraviglioso, un po’ minaccioso) tra l’altrove e il nostro spazio, quello in cui stiamo noi spettatori. Caravaggio come una sorta di Lucio Fontana d’antan, insomma. L’angelo è una presenza solo falsamente leziosa e rassicurante. È, piuttosto, una spada, un giudizio di separazione irrimediabile, la parola ultimativa circa il fatto che quella Donna e quel Figlio non apparterranno mai più a Giuseppe, almeno non come Giuseppe se l’era – forse – immaginato.

La luce dell’angelo, poi, irradia sulla Vergine e sul Bambino, rinchiusi in un ovale perfetto. La luce accende il calore, fatto dei toni del rosso e dell’oro della veste di Maria. C’è anche quel drappo nero sul quale il Bambino s’appoggia, forse presagio del lutto che verrà, velluto nero da camera mortuaria.Tutto il resto, però, da questa parte della tela è pace, è oblio sereno, è mandorla investita da luce soffusa, a sua volta da qui irradiata.
Sullo sfondo c’è l’aria aperta. Il mondo, che il Merisi aveva imparato a dipingere dai veneti. Un fiume tra le canne (il Giordano? Il Nilo? L’Adda?), le colline laggiù, il cielo tra l’indaco e il grigio pallido. Quel Bambino e quella luce non sono venuti per rimanere tra le braccia della Madre, ma presto (oddìo, presto: tra una trentina d’anni, santi patroni di tutti i bamboccioni) prenderanno il volo. Il calore dell’abbraccio in cui riposano è il nutrimento che servirà all’impresa.

Però, in verità, in questo quadro non c’è niente di più bello di Giuseppe. Refrattario alla luce, dipinto in toni bruni, con un grosso asino dagli occhi buoni alle spalle. Se dall’altra parte tutto è luce e calore (con l’eccezione del drappo nero), da questa tutto è terra, è umanità un po’ animale, quell’umanità che non si perde – perché non ne sarebbe capace – in raffinate speculazioni, in teosofismi, in ardite concrezioni intellettuali. Ci sono l’asino da condurre e il sacco da portare e il fiasco da tenere sempre pronto, casomai la Sposa avesse sete. Preoccupazioni pratiche. Preoccupazioni che si addicono a un falegname.
E adesso che, per un momento certo breve e passeggero, ci si può riposare, dentro una miracolosa bolla di luce e calore che protegge dalla ferocia degli uomini e dalle fatiche del vivere, ecco che ci si può mettere lì a reggere uno spartito, ché l’angelo possa suonare la sua musica. La sua dell’angelo, non quella di Giuseppe.
Povero Giuseppe. Si sente inadeguato a tutto quel che gli è successo e gli sta succedendo. Guardategli i piedi, vi prego. Caravaggio è un genio per molti motivi, ma soprattutto per come dipinge i piedi. Sono, quelli di Giuseppe, piedi umani, troppo umani. Goffamente sovrapposti, con l’alluce sinistro che s’inarca, a manifestare un certo imbarazzo e la consapevolezza di essere al cospetto di qualcosa talmente grande da risultare travolgente.
La musica che l’angelo suona è la melodia di un canto. Caravaggio non ha dipinto note a caso su quello spartito. Ha riprodotto l’incipit di un mottetto del ‘500, “Quam pulchra es” di Noel Bauldwijn, un compositore fiammingo.

Quam pulchra es et quam decora,
charissima, in deliciis!
Statura tua assimilata est palmae,
et ubera tua botris.
Caput tuum est Carmelus,
collum tuum sicut turris eburnea.

Quanto sei bella e quanto sei graziosa,
o amore figlia di delizie!
La tua statura rassomiglia a una palma
e i tuoi seni ai grappoli.
Il tuo capo si erge come il Carmelo,
il tuo collo come la torre d’avorio.

Giuseppe le capisce, queste parole. Oh, se le capisce. La ama davvero, la sua Sposa. La ama come si può amare una donna permeata da quella luce e dal quel calore. E il Bambino, ovvio che lo ami. Farebbe di tutto pur di proteggerlo e vederlo crescere, e poi sarà quel che sarà.
Certo, questo è un po’ tutto quel che Giuseppe capisce. Niente di più. Gli occhi sembrano un po’ smarriti. Vorrei vedere voi, al suo posto. Gli è passato addosso un treno, negli ultimi tempi. È lì che, contento e spaventato e stordito, non sa nemmeno bene che cosa pensare, che cosa fare se non lasciare che la realtà continui il suo cammino sorprendente e travolgente, andandole dietro con i suoi piedi goffi da falegname e la sua sacca e il suo fiasco e il suo asino dagli occhi buoni.

Infine, però, non so se l’avete notato: Giuseppe è, tra tutti, noi spettatori compresi e compresi pure Maria (la Prescelta e la Preservata) e il Bambino (la seconda persona della Trinità e Logos divino), è l’unico – dicevo – che ha gli occhi fissi in faccia all’angelo. Che ha gli occhi fissi in faccia a Dio.

Giornata Mondiale dei Poveri

Posted in General by midbar on 13/11/2020 13:06

Domenica prossima, 15 Novembre, sarà celebrata la IV Giornata Mondiale dei Poveri indetta da Papa Francesco.

In questi giorni, sul web, ho trovato queste parole:

C’è un clochard davanti al supermercato. Ha barba e capelli lunghi. Proviene dall’est. Non chiede nulla.
Gli porto acqua, the, pane, pensando alla poesia di Levi: “sotto i cenci si cela forse il profeta Elia”.
Ieri gli ho chiesto come si chiama.
Mi ha risposto “Elia”.

[Boker or]

Elia… Ma qualè il significato di questo nome: “Elia”? …Vai a cercare, sempre su web, e trovi che deriva dall’ebraico e significa “Dio”. Un Dio che si nasconde nel volto di un povero.

C’è solo la strada

Posted in General by midbar on 13/10/2020 12:02

C’è gente che Dio prende e mette da parte. Ma ce n’è altra che egli lascia nella moltitudine, che non «ritira dal mondo». È gente che fa un lavoro ordinario, che ha una famiglia ordinaria o che vive un’ordinaria vita da celibe. Gente che ha malattie ordinarie, e lutti ordinari. Gente che ha una casa ordinaria, e vestiti ordinari. È la gente della vita ordinaria. Gente che si incontra in una qualsiasi strada. Costoro amano il loro uscio che si apre sulla via, come i loro fratelli invisibili al mondo amano la porta che si è richiusa definitivamente sopra di essi. Noialtri, gente della strada, crediamo con tutte le nostre forze che questa strada, che questo mondo dove Dio ci ha messo è per noi il luogo della nostra santità. Noi crediamo che niente di necessario ci manca. Perché se questo necessario ci mancasse, Dio ce lo avrebbe già dato.

[Madeleine Delbrêl]

In tempore CoronaVirus

Posted in General by midbar on 27/04/2020 20:48



In questi tempi, ogni sera, nei giorni in cui quasi nessuno può muoversi a causa del CoronaVirus, poco prima del tramonto si prende l’auto e con Luca si va al fiume. E’ un momento molto apprezzato dal padre e dal figlio: l’aria è limpida, la luce crea riflessi particolari, i profumi sono intensi per la stagione primaverile e per lo smog pressoché assente. La Natura sembra aver recuperato parte dello spazio che l’Uomo ha invaso.
Una volta, poi, ci è capitato qualcosa di magnifico. Una sera, appunto, prima del tramonto, vediamo due bellissimi caprioli camminare su un campo che costeggia il fiume, probabilmente per andare ad abbeverarsi. In quel momento, un pensiero: ecco che Qualcuno ci ricorda che l’Eden, il Paradiso in terra, esiste, qui, adesso…
Nonostante i mali e il mondo avvelenato dall’Uomo (anche questo CoronaVirus è un segno) esiste qualcosa di sano, ed ogni tanto ci viene svelato il Paradiso: perché siamo amati. La nostra salvezza è vedere l’Eden in tante cose che ci capitano, anche ogni giorno. Basta rendersene conto…

COVID-19: Dati e Modelli

Posted in General by midbar on 09/03/2020 12:51

Segnalo alcuni link interessanti riguardo all’evoluzione del CoronaVirus in Italia e nel Mondo.

1: Infografica del Sole24Ore, per efficacia rappresentativa (vedi anche prima figura)
2: Modello Evoluzione del COVID-19 in Italia, per chiarezza nelle spiegazioni del modello (vedi anche seconda figura)
3: OpenData (Protezione Civile), con dati di dettaglio per Italia
4: OpenData, con dati di tutti i paesi del mondo
5: Proiezioni, proiezioni con dettaglio, paese per paese
6: Coronavirus - The Hammer and the Dance, articolo veramente interessante (inserito il 22/03/2020)
7: COVID-19 Dashboard by Johns Hopkins University, dashboard sulla situazione globale
8: Le Monde, Articolo di Le Monde, relativo all’appiattimento della curva della epidemia, paese per paese (inserito il 30/03/2020)
9: Coronavirus Charts, Altro sito ricco di statistiche e grafici (inserito il 31/03/2020), ultimo Percent Tested Positive vs Cases Tested By Country (vedi anche terza figura)
10: Covid Stat Infn, Anche l’Infn (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) sta producendo analisi statistiche sulle basi dei dati resi disponibili dalla Protezione Civile (inserito il 08/04/2020). Particolarmente interessante è l’evoluzione nel tempo del valore stimato di R0(vedi anche quarta figura)

Il post è in continuo aggiornamento, ogni volta si presenti la possibilità di aggiungere link da condividere.

Made with Flourish

Modellando l'evoluzione di CoVid-19

Percent Tested Positive vs Cases Tested By Country

Ro, media teorica a 4 giorni, Italia

My Movies Infographics

Posted in General by midbar on 21/01/2020 15:14

Ho censito i film che più mi sono piaciuti, mettendo in relazione il rating fornito da IMDb e l’anno di produzione.
 
La lista è in itinere e magari, prossimamente, verificheremo la possibilità di estendere questo tipo di rappresentazione infografica a campi quali: musica, letteratura, etc.

Ciao papà

Posted in General by midbar on 05/08/2019 06:20

Ciao papà, riposa in pace

Eran Partiti Da Terre Lontane

Posted in General by midbar on 05/01/2019 19:00


ERAN PARTITI DA TERRE LONTANE [David Maria Turoldo]

Eran partiti da terre lontane:
in carovane di quanti e da dove?
Sempre difficile il punto d’avvio,
contare il numero è sempre impossibile.
Lasciano case e beni e certezze,
gente mai sazia dei loro possessi,
gente più grande, delusa, inquieta:
dalla Scrittura chiamati sapienti!
Le notti che hanno vegliato da soli,
scrutando il corso del tempo insondabile,
seguendo astri, fissando gli abissi
fino a bruciarsi gli occhi del cuore!
Naufraghi sempre in questo infinito,
eppure sempre a tentare, a chiedere,
dietro la stella che appare e dispare,
lungo un cammino che è sempre imprevisto.
Magi, voi siete i santi più nostri,
i pellegrini del cielo, gli eletti,
l’anima eterna dell’uomo che cerca,
cui solo Iddio è luce e mistero.

Torniamo Umani

Posted in General by midbar on 20/12/2018 20:42

Torniamo Umani

Lo scorso 13 Dicembre don Luigi Verdi è passato da Bologna e, finalmente, dopo lungo tempo, ho potuto partecipare ad un suo incontro.

Di seguito alcuni appunti raccolti durante quella serata.

L’apertura, tramite un video con spezzoni dal film “La vita è bella” di Roberto Benigni e con l’accompagnamento musicale di una canzone, Offeso, di Nicolò Fabi.

Poi le parole di don Gigi:
La prima cosa a cui non vorrei mai rinunciare è: la dignità e la libertà.
Da quando Adamo ed Eva disobbedirono a Dio e “vogliono capire”, da quel momento è venuto fuori un manicomio. Né conseguirà l’inimicizia tra l’uomo e la donna, tra i fratelli: Caino e Abele.
Personalmente mi sento in esilio in questo mondo. È arrivata la modernità e tutti a seguirla e si sta male tutti dentro questi ritmi folli.
A Romena mentre stavamo discutendo sulle cose del quotidiano ci siamo fermati a guardare un cervo che veniva verso di noi. Nonostante abbiamo avvelenato il mondo anche con la nostra cattiveria, la vita ritorna. Se arriva un Cervo vuol dire che c’è un ritmo sano, che c’è un paradiso terrestre.
La nostra salvezza è vedere l’Eden in qualunque cosa.
Quando mi ritrovo nelle piazze delle città che visito, mi fermo sempre un paio d’ore. In quei luoghi, dove c’è anche un pò di schifo, cerco di vederci qualcosa di bello: gli innamorati, chi si sostiene, una carezza.
C’è un eden, un paradiso che mi garba ritrovare per ritrovare l’armonia dell’inizio, perchè noi senza armonia si sta male.
Se nei rapporti non c’è armonia si sta male.

Poi don Gigi cita Nietzsche: “Faremo fatica tutti a trovare un luogo dove sentirci a casa!” e ancora “Saremo avvelenati dal veleno dell’antico serpente!”. Il veleno ha contaminato tutti!

Le parole di don Gigi sono ricche di citazioni, ad esempio, richiamando Rilke, dice: “Se le nostre quotidianità vi sembrano povere, non date la colpa alle quotidianità. Prendetevi la colpa voi di non essere abbastanza poeti da vedere i miracoli.

Poi, in questi giorni, prossimi al Natale, si sofferma su Dio che si fa Uomo e sul Volto di Dio che, mai come con questo Papa, è stato mostrato in tutta la sua tenerezza, misericordia e compassione. Gesù che piange di fronte alla morte dell’amico Lazzaro. Gesù che si avvicina e accarezza il feretro di un ragazzo morto e, rivolgendosi alla madre, le dice “Non piangere!”. Gesù di fronte alla Samaritana che, con una richiesta per avvicinarla: “Ho sete, dammi da bere” (ho bisogno di te), arriva al cuore di lei e, senza tono di accusa, con tenerezza, le fa capire che sa tutto di lei, della sua storia e della sua anima. La stessa cosa avviene con Zaccheo.

Quindi una pausa con immagini (volti di uomini, donne e bambini) accompagnati dalla canzone di Francesco De Gregori: La storia siamo noi.

Don Gigi continua sul tema della Compassione.
Cita Hannah Arendt che, parlando dello sterminio degli ebrei da parte dei nazisti, afferma che ciò è stato possibile a causa della incapacità sostanziale di immedesimarsi negli altri e di nutrire compassione, da parte di tanti uomini e donne… “per lo più erano uomini e donne del tutto “normali”, “comuni”, se non addirittura individui solitamente considerabili come “persone per bene”“…
Porta testimonianze di donne incontrate nel suo cammino.
Donne che hanno abortito: “all’inizio il dolore in loro è meno consapevole e vengono piangendo. Io penso che Dio, a quelle donne che hanno abortito, a quelle mamme, rimetterà il loro bambino in braccio, un domani.”
Una mamma che, di fianco al capezzale del figlio di dieci anni, malato di leucemia, si ritrova a bere le proprie lacrime perchè il figlio non possa vedere il suo dolore.
La compassione, così umana e così divina.

La giustizia e il mondo che vorrei.
“Unica giustizia è che si muore tutti”.
“Il mondo che vorrei”… Cambialo! Fai! Suda! Per cambiare il mondo servono le tue mani, il tuo tempo, il tuo impegno. …e questo non è cosa di questi tempi… Fondamentale è l’impegno educativo, nei confronti di giovani, ragazzi e bambini. Accompagnarli e aiutarli a scoprire i talenti di ognuno di loro. Stare con loro e “quello che rimarrà negli occhi e nel cuore li aiuterà a crescere”.

La serata procede con immagini, musica, parole.
La bellezza, l’armonia tra dolcezza e forza (presenti sia in Gesù che in Maria, sua Madre) in cui coesiste sia il femminile che il maschile.
“Vorrei un Cristianesimo più femminile”… se è vero, come è vero, che la prima parola e l’ultima, in punto di morte, per ognuno di noi, è “mamma”.

Infine una Benedizione:
Possa la via crescere con te
possa il vento essere alle tue spalle
possa il sole scaldare il tuo viso
possa Dio tenerti nel palmo della Sua mano.

Prenditi tempo per amare,
perché questo è il privilegio che Dio ti dà.

Prenditi tempo per essere amabile,
perché questo è il cammino della felicità.

Prenditi tempo per ridere,
perché il sorriso è la musica dell’anima.

Prenditi tempo per amare con tenerezza,
perché la vita è troppo corta per essere egoisti.

…ed una carezza, dolcissima, chiamandoci all’altare dove una giovane donna, con in mano una libbra d’olio profumato, di nardo puro, di gran valore unge il mio volto e sentire la tenerezza provata da Gesù, quella sera, e trovarmi a ricordare un antico Salmo.

Ringraziare desidero

Posted in General by midbar on 08/05/2018 16:25

Un’altra poesia dei doni [J.L.Borges]

Ringraziare desidero il divino
labirinto delle cause e degli effetti
per la diversità delle creature
che compongono questo universo singolare,
per la ragione, che non cesserà di sognare
un qualche disegno del labirinto,
per il viso di Elena e la perseveranza di Ulisse,
per l’amore, che ci fa vedere gli altri
come li vede la divinità,
per il saldo diamante e l’acqua sciolta
per l’algebra, palazzo di precisi cristalli,
per le mistiche monete di Angelus Silesius,
per Schopenhauer,
che forse decifrò l’universo,
per lo splendore del fuoco
che nessun essere umano può guardare
senza uno stupore antico
per il mogano, il sandalo e il cedro,
per il pane e il sale,
per il mistero della rosa
che prodiga colore e non lo vede,
per certe vigilie e giorni del 1955,
per i duri mandriani che nella pianura
aizzano le bestie e l’alba,
per il mattino a Montevideo,
per l’arte dell’amicizia,
per l’ultima giornata di Socrate,
per le parole che in un crepuscolo furono dette
da una croce all’altra,
per quel sogno dell’Islam che abbracciò
mille notti e una notte,
per quell’altro sogno dell’inferno,
della torre del fuoco che purifica,
e delle sfere gloriose,
per Swedenborg,
che conversava con gli angeli per le strade di Londra,
per i fiumi segreti e immemorabili
che convergono in me,
per la lingua che secoli fa parlai nella Northumbria,
per la spada e l’arpa dei sassoni,
per il mare, che è un deserto risplendente
e una cifra di cose che non sappiamo,
per la musica verbale d’Inghilterra,
per la musica verbale della Germania,
per l’oro che sfolgora nei versi,
per l’epico inverno
per il nome di un libro che non ho letto,
per Verlaine, innocente come gli uccelli,
per il prisma di cristallo e il peso d’ottone,
per le strisce della tigre,
per le alte torri di San Francisco e di Manhattan,
per il mattino nel Texas,
per quel sivigliano che stese l’Epistola Morale,
e il cui nome, come preferiva, ignoriamo,
per Seneca e Lucano, di Cordova,
che prima dello spagnolo
scrissero tutta la letteratura spagnola,
per il geometrico e bizzarro gioco degli scacchi,
per la tartaruga di Zenone e la mappa di Royce,
per l’odore medicinale degli eucalipti,
per il linguaggio, che può simulare la sapienza,
per l’oblio, che annulla o modifica i passati,
per la consuetudine,
che ci ripete e ci conferma come uno specchio,
per il mattino, che ci procura l’illusione di un principio,
per la notte, le sue tenebre e la sua astronomia,
per il coraggio e la felicità degli altri,
per la patria, sentita nei gelsomini
o in una vecchia spada,
per Whitman e Francesco d’Assisi che scrissero già
questa poesia,
per il fatto che questa poesia è inesauribile
e si confonde con la somma delle creature
e non arriverà mai all’ultimo verso
e cambia secondo gli uomini,
per Frances Haslam, che chiese perdono ai suoi figli
perché moriva così lentamente,
per i minuti che precedono il sonno,
per il sonno e la morte,
quei due tesori occulti,
per gli intimi doni che non elenco,
per questa musica, misteriosa forma del tempo.

(more…)

Padre mio, mi sono affezionato alla Terra

Posted in General by midbar on 12/04/2017 17:41

Padre mio, mi sono affezionato alla Terra (Mario Luzi)

Padre mio, mi sono affezionato alla terra
quanto non avrei creduto.
È bella e terribile la terra.
Io ci sono nato quasi di nascosto,
ci sono cresciuto e fatto adulto
in un suo angolo quieto
tra gente povera, amabile e esecrabile.
Mi sono affezionato alle sue strade,
mi sono divenuti cari i poggi e gli uliveti,
le vigne, perfino i deserti.
È solo una stazione per il figlio Tuo la terra
ma ora mi addolora lasciarla
e perfino questi uomini e le loro occupazioni,
le loro case e i loro ricoveri
mi dà pena doverli abbandonare.
Il cuore umano è pieno di contraddizioni
ma neppure un istante mi sono allontanato da te.
Ti ho portato perfino dove sembrava che non fossi
o avessi dimenticato di essere stato.
La vita sulla terra è dolorosa,
ma è anche gioiosa: mi sovvengono
i piccoli dell’uomo, gli alberi e gli animali.
Mancano oggi qui su questo poggio che chiamano Calvario.
Congedarmi mi dà angoscia più del giusto.
Sono stato troppo uomo tra gli uomini o troppo poco?
Il terrestre l’ho fatto troppo mio o l’ho rifuggito?
La nostalgia di te è stata continua e forte,
tra non molto saremo ricongiunti nella sede eterna.
Padre, non giudicarlo
questo mio parlarti umano quasi delirante,
accoglilo come un desiderio d’amore,
non guardare alla sua insensatezza.
Sono venuto sulla terra per fare la tua volontà
eppure talvolta l’ho discussa.
Sii indulgente con la mia debolezza, te ne prego.
Quando saremo in cielo ricongiunti
sarà stata una prova grande
ed essa non si perde nella memoria dell’eternità.
Ma da questo stato umano d’abiezione
vengo ora a te, comprendimi, nella mia debolezza.
Mi afferrano, mi alzano alla croce piantata sulla collina,
ahi, Padre, mi inchiodano le mani e i piedi.
Qui termina veramente il cammino.
Il debito dell’iniquità è pagato all’iniquità.
Ma tu sai questo mistero. Tu solo.

Giullari e Jokermen (2016/10/13)

Posted in General by midbar on 13/10/2016 22:04



Jokerman [Bob Dylan] Ho visto un re [Dario Fo]

Jokerman dance to the nightingale tune,
Bird fly high by the light of the moon,
Oh, oh, oh, Jokerman.

You’re a man of the mountains, you can walk on the clouds,
Manipulator of crowds, you’re a dream twister.
You’re going to Sodom and Gomorrah
But what do you care? Ain’t nobody there would want to marry your sister.
Friend to the martyr, a friend to the woman of shame,
You look into the fiery furnace, see the rich man without any name.

E sempre allegri bisogna stare
che il nostro piangere fa male al re
fa male al ricco e al cardinale
diventan tristi se noi piangiam

Il Prigioniero

Posted in General by midbar on 15/10/2015 17:32

Le guardie conducono il Prigioniero sotto le volte di un angusto e cupo carcere nel vecchio edificio del Santo Uffizio e ve Lo rinchiudono. Passa il giorno, sopravviene la scura, calda, “afosa” notte di Siviglia. L’aria “odora di lauri e di limoni”. In mezzo alla tenebra profonda si apre a un tratto la ferrea porta del carcere, e il grande inquisitore in persona con una fiaccola in mano lentamente si avvicina alla prigione. È solo, la porta si richiude subito alle sue spalle. Egli si ferma sulla soglia e considera a lungo, per uno o due minuti, il volto di Lui. Infine si accosta in silenzio, posa la fiaccola sulla tavola e Gli dice:
– “Sei Tu, sei Tu?” – Ma, non ricevendo risposta, aggiunge rapidamente: – “Non rispondere, taci. E che potresti dire? So troppo bene quel che puoi dire. Del resto, non hai il diritto di aggiunger nulla a quello che Tu già dicesti una volta. Perché sei venuto a disturbarci? Sei infatti venuto a disturbarci, lo sai anche Tu. Ma sai che cosa succederà domani? Io non so chi Tu sia, e non voglio sapere se Tu sia Lui o soltanto una Sua apparenza, ma domani stesso io Ti condannerò e Ti farò ardere sul rogo, come il peggiore degli eretici, e quello stesso popolo che oggi baciava i Tuoi piedi si slancerà domani, a un mio cenno, ad attizzare il Tuo rogo, lo sai? Sí, forse Tu lo sai”, – aggiunse, profondamente pensoso, senza staccare per un attimo lo sguardo dal suo Prigioniero.

[Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov]
[via Antonio Ariberti]

Gv 1, 14 [Falling Plates]

Posted in General by midbar on 04/08/2015 21:57

La rosa di Paracelso [J.L.Borges]

Posted in General by midbar on 08/09/2014 16:15

Questo brano è uno dei più poetici racconti di Borges sul rapporto tra fede, credulità e ragione.

Thomas de Quincey
Tratto da: “Writings”, XIII, 345

  Nel suo laboratorio, che comprendeva le due stanze dello scantinato, Paracelso chiese al suo Dio, al suo indeterminato Dio, a qualunque Dio, di inviargli un discepolo.

  Imbruniva. Il magro fuoco del camino proiettava ombre irregolari. Alzarsi per accendere la lanterna di ferro avrebbe richiesto uno sforzo eccessivo. Paracelso, distratto dalla fatica, dimenticò la sua preghiera. La notte aveva cancellato l’athanor e i polverosi alambicchi quando bussarono alla porta. Insonnolito, l’uomo si alzò, salì faticosamente la breve scala a chiocciola e socchiuse un battente. Uno sconosciuto entrò. Anch’egli era molto stanco. Paracelso gli indicò una panca; l’altro sedette e attese. Per un certo tempo non scambiarono tra loro nemmeno una parola.

  Il maestro fu il primo a parlare.
“Ricordo volti d’Occidente e volti d’Oriente”, disse, non senza una certa enfasi. “Non ricordo il tuo. Chi sei tu e che vuoi da me?”.
“Il mio nome non ha importanza”, replicò l’altro.
“Ho camminato tre giorni e tre notti per entrare in casa tua. Voglio diventare tuo discepolo. Ti ho portato tutti i miei beni”.
Tirò fuori una borsa e la rovesciò sulla tavola. Le monete erano molte e d’oro. Lo fece con la mano destra.

  Paracelso, per accendere la lanterna, aveva dovuto voltargli le spalle. Quando tornò, notò nella sua mano sinistra una rosa. La rosa lo inquietò.
Si chinò, giunse le estremità delle dita e disse: “Tu mi credi capace di elaborare la pietra che trasmuta gli elementi in oro e mi offrì oro. Non è l’oro ciò che cerco e se è l’oro che ti interessa, tu non sarai mai mio discepolo”.
“L’oro non mi interessa”, rispose l’altro. “Queste monete non sono altro che una prova del mio desiderio di apprendere. Voglio che tu mi insegni l’Arte. Voglio percorrere al tuo fianco la via che conduce alla Pietra”.
Paracelso disse lentamente: “La via è la Pietra. Il punto di partenza è la Pietra. Se non comprendi queste parole, non hai ancora cominciato a comprendere. Ogni passo che farai è la meta”.
L’altro lo guardò con aria diffidente. Disse con voce chiara: “Ma esiste una meta?”
Paracelso si mise a ridere.
“I miei detrattori, che non sono meno numerosi che stupidi, sostengono il contrario e mi accusano di essere un impostore. Non dò loro ragione, ma non è impossibile che io sia un illuso. So che esiste una via”.

  Vi fu una pausa, e l’altro affermò: “Sono pronto a percorrerla con te, anche se dovessimo viaggiare per molti anni. Lasciami attraversare il deserto. Lasciami intravedere almeno da lontano la terra promessa, anche se gli astri me ne vieteranno l’accesso. Ma prima di intraprendere il viaggio, io voglio una prova”.
“Quando?” disse Paracelso, con inquietudine.
“Subito”, rispose il discepolo con brusca determinazione.

  Avevano iniziato la conversazione in latino, ora parlavano in tedesco.
Il giovane levò in alto la rosa.
“Affermano – disse - che tu puoi bruciare una rosa e farla rinascere dalle ceneri, per opera della tua arte. Lascia che io sia testimone di questo prodigio. Ecco ciò che ti chiedo; poi la mia vita sarà tua”.
“Sei molto credulo”, disse il maestro. “Non so che farmene della credulità; esigo la fede”.
L’altro insistette.
“È proprio perché non sono credulo che voglio vedere coi miei occhi l’annientamento e la resurrezione della rosa”.
Paracelso l’aveva presa in mano e parlando giocherellava con essa.
“Sei credulo”, disse. “Tu dici che io sono capace di distruggerla?”
“Nessuno è incapace di distruggerla”, rispose il discepolo.
“Ti sbagli. Credi forse che qualcosa possa esser reso al nulla? Credi che il primo Adamo nel Paradiso abbia potuto distruggere un solo fiore, un solo filo d’erba?”.
“Non siamo nel Paradiso - disse ostinato il giovane - qui, sotto la luna, tutto è mortale”.
Paracelso si era alzato in piedi.
“E in quale altro luogo siamo? Credi che la divinità possa creare un luogo che non sia il Paradiso? Credi che la caduta sia altro dall’ignorare che siamo nel Paradiso?”.
“Una rosa può bruciare”, disse il discepolo in tono di sfida.
“V’è ancora del fuoco nel camino”, rispose Paracelso. “Se tu gettassi questa rosa fra le braci, crederesti che le fiamme l’abbiano consumata e che sia la cenere a essere reale. Io ti dico che la rosa è eterna e che solo la sua apparenza può cambiare. Mi basterebbe una parola perché tu la potessi vedere di nuovo”.
“Una parola?” disse stupefatto il discepolo. “L’athanor è spento, gli alambicchi sono coperti di polvere. Che farai per farla rinascere?”.
Paracelso lo guardò con tristezza.
“L’athanor è spento” – ripeté - “e gli alambicchi sono coperti di polvere. In questo tratto della mia lunga giornata uso altri strumenti”.
“Non oso domandare quali”, disse l’altro con malizia o con umiltà.
“Parlo di quello che usò la divinità per creare il cielo e la terra e l’invisibile Paradiso in cui ci troviamo e che ci è nascosto dal peccato originale. Parlo della Parola che ci insegna la scienza della Cabala”.
Il discepolo disse freddamente: “Ti chiedo la grazia di mostrarmi la scomparsa e ricomparsa della rosa. Poco mi importa che tu operi per mezzo del Verbo o degli alambicchi”.
Paracelso rifletté. Infine disse: “Se lo facessi, tu diresti che si tratta di un’apparenza imposta ai tuoi occhi dalla magia. Il prodigio non ti donerà la fede che cerchi. Dunque lascia stare la rosa”.
Sempre diffidente, il giovane lo guardò. Il maestro alzò la voce e gli disse: “E inoltre, chi sei tu per introdurti nella dimora di un maestro ed esigere da lui un prodigio? Che hai fatto per meritare un simile dono?”.
L’altro replicò, tremando: “So bene che non ho fatto nulla. Ti chiedo, in nome dei molti anni in cui studierò alla tua ombra, di lasciarmi vedere la cenere e poi la rosa. Non ti chiederò altro. Crederò alla testimonianza dei miei occhi”.
Bruscamente, afferrò la rosa rossa che Paracelso aveva lasciato sul leggio e la gettò tra le fiamme. Il colore si perse e rimase solo un po’ di cenere. Per un istante infinito egli attese le parole e il miracolo.

  Paracelso era rimasto impassibile. Disse con strana semplicità: “Tutti i medici e tutti gli speziali di Basilea affermano che io sono un mistificatore. Forse essi sono nel vero. Qui riposa la cenere che fu rosa e che non lo sarà”.
Il giovane si sentì pieno di vergogna. Paracelso era un ciarlatano o un semplice visionario e lui, un intruso, aveva varcato la sua porta e ora lo costringeva a confessare che le sue famose arti magiche erano vane.
Si inginocchiò e disse: “Ho agito imperdonabilmente. Mi è mancata la fede che il Signore esigeva dai credenti. Lasciami ancora guardare la cenere. Tornerò quando sarò più forte e sarò tuo discepolo e in fondo al cammino vedrò la rosa”.
Parlava con passione autentica, ma quella passione era la pietà che gli ispirava il vecchio maestro, tanto venerato, tanto attaccato, tanto insigne e perciò tanto vuoto. Chi era lui, Johannes Grisebach, per scoprire con mano sacrilega che dietro la maschera non c’era nessuno?
Lasciare le monete d’oro sarebbe stata un’elemosina. Le riprese uscendo.
Paracelso lo accompagnò ai piedi della scala e gli disse che sarebbe sempre stato il benvenuto.
Entrambi sapevano che non si sarebbero rivisti mai più.

  Paracelso rimase solo. Prima di spegnere la lanterna e di sedersi nella poltrona consumata, raccolse nell’incavo della mano il piccolo pugno di cenere e sussurrò una parola, a bassa voce.

  La rosa risorse.

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